martedì 2 giugno 2009

fiabe giapponesi: HANACO DAL GRANDE CAPPELLO


HANACO DAL GRANDE CAPPELLO
Tanto tempo fa viveva in Giappone un Samurai ricco e potente, e generoso e buono, il
quale avrebbe potuto essere felice accanto alla sua giovane e bella sposa se la sua casa
fosse stata allietata dal sorriso di un bambino. Ma il cielo non aveva mandato bambini e il
Samurai si sentiva più povero del più povero coltivatore di riso. Un giorno andò alla
pagoda con la moglie; si prostrarono con la fronte sul pavimento e pregarono fino a sera,
chiedendo con tutto il cuore agli dei il dono di un figlio; poi tornarono a casa un pò
consolati. La preghiera non fu vana: qualche tempo dopo nacque una bambina
graziosissima, che fu chiamata Hanaco. Da quel giorno i due sposi furono veramente
felici. Circondarono la loro creatura delle cose più bella e delle premure più affettuose, e
spesso sedevano presso di lei sospirando:
- Oh, la nostra piccola, la nostra cara Hanaco!
La bambina, da parte sua, meritava tanto affetto e tanta ammirazione, perché cresceva
buona, ubbidiente e bella. Era anche molto intelligente, e a pochi anni sapeva già sonare
diversi strumenti alla perfezione e la grazia di un usignolo. Ma purtroppo tanta serenità
non era destinata a durare: Hanaco aveva appena compiuto dieci anni, quando il suo
babbo morì. La mamma pianse tanto che si ridusse l'ombra di se stessa, e un giorno non
poté più alzarsi da letto. Allora chiamò a sé Hanaco e le disse:
- Figlia mia cara, sento che sto per lasciarti perché vado a raggiungere il tuo babbo; ma
non disperarti, perché la nostra protezione non ti mancherà mai. Ti auguro di trovare nella
vita chi ti ami e ti protegga, quando sarai sola. Adesso inginocchiati affinché io ti dia la mia
benedizione, e compia ciò che gli dei mi hanno comandato.
Hanaco si inginocchiò piangendo e la mamma le posò sul capo un cofanetto chiuso, e su
questo, un cappellone di paglia a forma di cupola, ma tanto grande che le scese quasi
fino al mento.
- Non levarlo, tesoro mio - aggiunse la mamma teneramente - e un giorno saprai perché
ho fatto questo.
La benedisse ancora e spirò. Per dire la verità, Hanaco cercò subito di levarsi quel
cappellone che le dava fastidio, ma per quanti sforzi facesse non vi riuscì. Allora si
rassegnò a tenerlo, e andò al funerale della mamma, che fu messa a riposare accanto al
Samurai. Intanto la gente, che già aveva guardato con molto stupore la strana
acconciatura dell'orfanella, incominciò a sorridere, e poi a ridere, e infine a farsi beffe di
lei. I ragazzi la segnavano a dito e la inseguivano per la strada chiamandola " cappellona",
mentre gli uomini e le donne si voltavano a guardarla motteggiandola e battendosi il dito
sulla fronte. La bambina era sempre più avvilita. " Perché rimango in questo paese pieno
di gente cattiva, dove non c'è più nessuno che mi voglia bene? " si disse. " Voglio
andarmene di qui: la protezione del babbo e della mamma mi seguirà dappertutto." Detto
fatto, senza nemmeno pensare a mettere un indumento in un fagottino, né qualche
moneta nelle tasche, si avviò per la prima strada che vide. Cammina, cammina, dopo aver
attraversato villaggi e campagne, giunse in riva a un fiume. Sedette sulla sponda e fissò
l'acqua che fluiva in turbini e vortici. Questo spettacolo le fece girare la testa e a un tratto
ruzzolò nel fiume; ma non andò a fondo perché il cappellone la tenne a galla e venne
trascinato dalla corrente. Un barcaiolo che passava di là con la sua barca, vide quella
strana cupola galleggiare e pensò che si trattasse di un cappello. " Mi farebbe proprio
comodo" disse tra sé. " Ora lo prendo." Si sporse sull'acqua puntellandosi sulla pertica,
agguantò il capello, e lo trovò molto pesante, tanto che fece fatica a issarlo sulla barca.
Quale fu la sua meraviglia quando vide che, sotto il capello, c'era una bambina che
pareva quasi legata al grande copricapo! Ancora sbigottito, il barcaiolo spinse la barca fino
a riva e Hanaco poté scendere a terra e riprendere il viaggio. Cammina, cammina, mentre
percorreva una bella strada attraverso ricche risaie, vide venire una splendida carrozza in
cui sedeva un vecchio signore che era il principe di quel paese. Incuriosito per lo strano
aspetto della giovane il principe ordinò di fermare i cavalli e fece cenno alla fanciulla di
avvicinarsi.
- Chi sei? - domandò. - E perché porti sulla testa quello strano cappellone di paglia?
- Lo porto perché non posso levarmelo - rispose Hanaco.
E raccontò la sua storia. Il principe si commosse.
- Povera piccola - disse - vieni al mio palazzo. Vivrai sotto la mia protezione e nessuno
oserà disturbarti.
Fece salire Hanaco accanto al cocchiere e insieme ritornarono al palazzo: Hanaco fu
affidata alla servitù e incaricata di preparare l'acqua per i bagni. Tutti i giorni attingeva al
pozzo sacchi e secchi d'acqua, faceva bollire caldari, e riempiva tinozze e tinozze. Spesso
era tanto stanca che sedeva su una panchina di marmo nel giardino con le mani
abbandonate sulle ginocchia, e talvolta si metteva a piangere ricordando quando era stata
felice nel palazzo del potente Samurai suo padre, circondata da servi pronti a ogni suo
cenno. Ora, invece, i servi la maltrattavano e la sollecitavano a sbrigare il fretta il suoi
lavoro perché ce n'era già dell'altro pronto. Soltanto il figlio più giovane dei sovrani le
dimostrava un po' di compassione e le diceva qualche parola buona. A poco a poco i due
giovani presero l'abitudine di frequentarsi e ogni giorno sedevano sulla panchina sotto il
ciliegio e chiacchieravano insieme senza stancarsi. Ma i servi, invidiosi, riferirono tutto al
principe che si adirò tutto al principe che adirò moltissimo e chiamò il figlio minore:
- Non voglio più che tu frequenti quella piccola intrigante - disse. - Domattina la caccerò
via.
- Ma io voglio bene ad Hanaco - esclamò il giovane angosciato. - Se la caccerete via, che
ne sarà di lei? Vi prego, concedetemela in moglie!
A quelle parole la principessa madre diventò rossa di collera e disse:
- Tu vuoi sposare quella serva, quel piccolo mostro? Come avresti il coraggio di
presentarti ai ricevimenti con una ragazza ignorante come lei?
- Io le voglio bene e se voi la caccerete me né andrò di casa.
A queste parole la principessa si calmò un po', e decise di aspettare alcuni giorni,
sperando di riuscire a trovare una soluzione migliore. La soluzione le fu suggerita dal più
scaltro dei suoi ministri.
- Altezza - le consigliò - organizzate il più sontuoso ricevimento che abbiate mai dato.
Invitate tutte le vostre nuore e le dame più intelligenti e colte della città e invitate anche
Hanaco. Sfigurerà a tal punto che lo stesso principe né resterà disgustato.
- Ottima idea! - approvò la principessa madre.
Giunta la sera della festa, quando le signore cominciarono ad arrivare con i loro ventagli di
seta e gli abiti trapuntati d'ora, Hanaco si rifugiò sotto l'albero del ciliegio e cominciò a
pregare. Poco dopo giunse anche il giovane principe che accorgendosi che Hanaco
pregava, giunse le mani e pregò con lei. Allora accadde il miracolo: il capello di Hanaco
volò via, e il bellissimo volto della fanciulla apparve in tutto il suo splendore. Anche il
cofanetto volò a terra e da esso uscì un rivolo splendente di monete d'oro. Gli abiti di
Hanaco divennero sontuosi, i suoi capelli neri, lunghi e lisci, le scesero con grazia lungo le
spalle. Il principe s'inchinò, le offerse la mano e la condusse nella sala del ricevimento.
Quando gli invitati videro quella meravigliosa fanciulla, rimasero ammutoliti. Hanaco salutò
amabilmente tutti, poi prese uno strumento a corda e lo sonò alla perfezione; cantò con la
dolcezza di un usignolo e danzò come una farfalla sui fiori.
- Ma è un prodigio! - esclamarono tutti.
- E' una ninfea celeste!
- E' la figlia del più ricco e potente Samurai del Giappone - disse un vecchio che l'aveva
riconosciuta.
Fu così che Hanaco trovò chi l'avrebbe protetta e amata per tutta la vita; e i vecchi principi
furono felicissimi di dare il loro consenso alle nozze.

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